La sortie, c'est par là ! Le D.K.W.
La 175 raffreddata ad acqua del periodo 1928-30, vincitrice anche nel G.P. delle Nazioni.Una bicilindrica di 500 cc degli « anni trente », con l'originale telaio in lamiera stampata.
Le origini della D.K.W. risalgono al 1919, anni in cui il tecnico danese J.S. Rasmussen, che già possedeva una buona esperienza come progettista e costruttore di automobili con motore a vapore, fondò in Germania una fabbrica di motorini ausiliari e motoleggere, con sede a Zschopau in Sassonia. La sigla D.K.W. è composta dalle iniziali di una specie di slogan che il Rasmussen aveva ideato fin dai tempi delle sue costruzioni automobilistiche, "Dampf kfraft Wagen", cioè vettura a vapore. Per adeguarlo al nuovo genere di produzione, lo slogan venne trasformato in "Des knaben wunsche", cioè in libera traduzione, "desiderio dei giovani".

Il motore della URe 250 a cilindro sdoppiato e compressore a cilindro pompa con aspirazione dell'aria attraverso una membrana a lamelle elastiche. Nel dettaglio, schema del funzionamento: in evidenza la posizione dei cilindri. La fabbrica, pur conservando la denominazione originale, fu poi assorbita dal gruppo Auto Union ; distrutta dai bombardamenti aerei durante la seconda guerra mondiale, e rientrando Zschopau nella zona della Germania controllata dai sovietici, la D.K.W. costruì nel dopoguerra una nuova fabbrica a Ingolstadt nella Germania Federale. Una delle caratteristiche peculiari della D.K.W. tanto nel settore motociclistico quanto in quello automobilistico è la sua assoluta fedeltà al motore a due tempi. Fedeltà non priva di significato ove si consideri che nel periodo fra le due guerre gli orientamenti tecnici erano prevalentemente diretti, salvo qualche rara eccezione, verso il motore a quattro tempi, e non soltanto nella produzione di serie quanto e soprattutto nella produzione da corsa. Gran merito della D.K.W., fra i molti altri che le si riconobbero, è appunto quello di aver saputo controbattere efficacemente la allora imperante supremazia quattrotempistica, studiando ed attuando soluzioni originalissime che hanno fatto delle sue macchine a due tempi saggi di grande interesse per gli appassionati di problemi tecnici.

La prima vera e propria D.K.W. da gran premio fu realizzata nel 1926. Era una monocilindrica di 175 cc dotata di distribuzione a tre luci con pistone a deflettore, raffreddamento ad acqua, sovralimentazione con compressore a cilindro pompa, cambio separato e trasmissioni a catena. La potenza era di 12 cv a 5000 giri ; un livello considerevole, ma, salvo che nelle gare tedesche, queste macchine non ottennero risultati eccezionali. Rimane comunque il ricordo della vittoria di Geiss al G.P. delle Nazioni del 1928, alla media di 115,530 km/h e con il giro più veloce ad oltre 119: lo stesso Geiss finiva secondo nella edizione successiva della massima competizione italiana.

Motore ULd del 1938. Il cilindro pompa è verticale e l'ammissione è controllata da valvola rotante con due carburatori laterali. In basso disegno schematico del motore.
Convinceva meno all'atto pratico la 250 dalle analoghe caratteristiche costruita nel 1927, la ORe che sviluppava 17 cv a 4800 giri, saliti poi a 18,5 a 5300 giri nel 1930. Questa macchina, anche se in patria otteneva numerose affermazioni, nelle altre gare europee veniva regolarmente battuta dalle "quattro tempi" Moto Guzzi, Excelsior, New Imperial, eccetera. Questi motori furono sperimentati anche in versione a due cilindri ed in cilindriate di 500 e persino 600 cc per le corse di sidecar, ma i maggiori allori da loro conseguiti furono alcuni records mondiali, mentre su circuito la supremazia restava pur sempre alle macchine italiane ed inglesi.

Nel 1931 il direttore del reparto-corse della D.K.W., il celebre ingegnere Zoller, pensò di ricorrere a soluzioni tecniche più ardite e ideò un motore a cilindro sdoppiato (sul tipo di un illustre predecessore, il Garelli) con due pistoni e camera di scoppio in comune, biella madre e bielletta lavoranti su unico bottone di manovella. Il nuovo motore, denominato URe, aveva però i cilindri in linea longitudinale anzichè trasversale come invece nel ricordato Garelli, e soprattutto la sovralimentazione ottenuta mediante un cilindro-pompa disposto orizzontalmente cioè a 90° rispetto ai due cilindri normali.

I due cilindri motori avevano uguale l'alesaggio di mm. 47,5, mentre la corsa era di 69,7 mm nel cilindro anteriore e di 70,5 mm nel cilindro posteriore. Il cilindro-pompa del compressore, che aspirava l'aria attraverso una membrana anteriore a lamelle elastiche, aveva invece alesaggio di 120 mm e corsa di 40 mm con cilindrata totale di 453 cc. Questo motore rimase in lizza fino al 1937 ; altre sue caratteristiche l'alettatura supplementare sulla testata dei due cilindri-motore, l'accensione a volano-magnete calettato sull'estremità destra dell'albero a manovelle, la trasmissione primaria ad ingranaggi, la frizione a secco, il cambio separato a quattro rapporti.

La ULd 250 che ha vinto nel 1938 il Tourist Trophy a media record. Il grosso serbatoio contiene 32 litri di miscela ed è reso necessario dal forte consumo del motore. Veduta d'insieme dello stesso motore ; in evidenza la camere di espansione degli scarichi. La parte ciclistica era abbastanza convenzionale per quel tempo: telaio rigido a culla doppia in tubi incorporante nella zona anteriore il radiatore, e forcella anteriore a parallelogramma snodato. Dopo il 1935 venne introdotta la sospensione posteriore del tipo a ruota guidata e scorrimento verticale del mozzo con ammortizzatori idraulici, mentre la forcella anteriore aveva anelli di gomma in tensione che sostituivano le molle usuali ; altro dettaglio interessante, i freni in lega leggera a tamburo centrale. L'URe 250 sviluppava 26 cv a 5500 giri e consentiva una velocità massima di circa 170 km/h.

Notevoli modifiche furono apportate al modello del 1938, l'ULd, in cui il pistone-pompa orizzontale venne sostituito da un dispositivo analogo, ma disposto in senso verticale davanti ai due cilindri-motore e contenuto in un carter cilindrico fortemente alettato. L'aspetto di maggiore interesse tecnico in questa versione era rappresentato dall'ammissione controllata da una valvola rotante collocata in testa al cilindro compressore e alimentata da due carburatori laterali. L'ULd sviluppava una trentina di cavalli che si traducevano in una velocità massima superiore ai 180 km/h.

In una successiva versione nel 1939 venne adottato il compressore a palette Zoller allogato davanti al carter ed alimentato da due carburatori ; si tratta di una realizzazione sperimentale, mai usata in gare ufficiali. Queste macchine ottennero nel lustro 1935-39 una serie massiccia di affermazioni. Si trattava di modelli assai veloci, dotati di forte accelerazione da fermo, voracissime divoratrici di carburante (la 250 che vinse il Tourist Trophy nel 1938 consumò tredici litri di miscela per cento chilometri percorrendo circa sette chilometri e mezzo con un litro, cioè assai più di una delle attuali 500 a quattro cilindri), ma scarsamente dotate di stabilità e maneggevolezza anche in considerazione del loro peso notevole ; la 250 pesava infatti 135 kg contro i 115/120 delle contemporanee Moto Guzzi e Benelli. I risultati più considerevoli vennero conseguiti da Ewald Kluge che conquistò il campionato europeo a prove multiple nel biennio 1938-39 dopo essersi affermato in quasi tutti i circuiti europei, ivi compreso il T.T. vinto nel 1938 a media record.

Si sarebbe tentati tuttavia di attribuire il gran numero di vittorie ottenute in questo lustro più alla ferrea e strapotente organizzazione del reparto corse - vi lavoravano poco meno di cento persone e per ogni corsa alla quale partecipavano tre corridori ufficiali si portavano quindici macchine, si compivano lunghissimi e meticolosi turni di allenamento alla ricerca della migliore preparazione e cosi via - che non ad una effettiva supremazia tecnica: le due volte che la D.K.W, corse a Monza (1937 e 38) venne chiaramente battuta dalle Moto Guzzi ad alimentazione normale e la stessa cosa si verificò al T.T. del 1939 dove a Kluge fu inflitto un distacco di tre minuti dalla Benelli bialbero "aspirata" di Ted Mellors ; infine una sconfitta piuttosto clamorosa toccò alle due tempi tedesche per opera della Moto Guzzi monocilindrica sovralimentata proprio nel G.P. di Germania 1939, vinto al tandem Pagani-Sandri con netto margine. Tant'è vero che nella fase finale del 1939 il motore fu dotato di un compressore a palette Zoller applicato davanti al carter e molto simile a quello impiegato su diverse "quattro tempi" da corsa ; motore che tuttavia non potè, per il sopraggiungere della guerra, essere allineato in gara.

II motore a due cilindri della 250 Qualche 250 sovralimentata riapparve nelle gare nazionali tedesche dell'immediato dopoguerra. La Germania motociclistica era stata messa in quarantena sportiva fino a tutto il 1950 e le sue corse casalinghe si disputavano con la stessa formula del 1939. Quando poi alla fine del 1950 i tedeschi furono riammessi a gareggiare nelle competizioni internazionali, dovettero adeguarsi alle nuove disposizioni che bandivano l'impiego dei compressori.

Nel 1951 nacque così una bicilindrica di 250 a due tempi raffreddati ad aria, dapprima con alimentazione ad unico carburatore e valvola rotativa, poi con distribuzione convenzionale a tre luci. Questo motore aveva i cilindri "quadrati" (alesaggio e corsa mm 54 x 54) ed inclinati in avanti ; il veicolo, leggerissimo, aveva sospensioni telescopiche integrali. La potenza era però modesta per la sua epoca, circa 22 cavalli, ed il modello ebbé vita breve.

Di ben altro livello si mostrò invece la 350 cc disegnata nel 1952 dagli ingegneri Wolf e Jacob. Si tratta probabilmente, con i suoi tre cilindri, del più originale motore mai apparso sui campi di gara anche se non il primo tricilindrico preceduto, oltre che da esemplari ormai dimenticati, dal Moto Guzzi 500 del 1940 che aveva però i cilindri affiancati in linea trasversale.

II 350 della D.K.W. era invece caratterizzato da un cilindro centrale disposto orizzontalmente con alettatura radiale sullo schema delle Guzzi monocilindriche e da altri due cilindri laterali affiancati fronte marcia e leggermente inclinati in avanti (15°). Per ottenere esplosioni equidistanti ad ogni giro di motore la sfasatura angolare delle manovelle fu così stabilita: 120° fra i due cilindri affiancati, 45° fra il cilindro orizzontale e quello verticale di destra, 165° fra lo stesso cilindro orizzontale e quello verticale di sinistra. I tre cilindri avevano alesaggio e corsa di mm 53 x 52,8 con cilindrata unitaria di 116,5 cc e totale di 349,5 cc.

Nel 1953 appare la prima edizione della famosa 350 cc a tre cilindri raffreddati ad aria. L'albero-motore, lungo soltanto 275 mm, ruotava su quattro cuscinetti a rulli. La distribuzione era del tipo normale a tre luci, ogni cilindro era alimentato da un carburatore Dell'Orto con diffusore da 28 mm, l'accensione era a magnete. La miscela impiegata era inizialmente ad alta percentuale di olio (5,50%), in seguito ridotta al 4%. La trasmissione primaria avveniva mediante coppia d'ingranaggi cilindrici, la frizione era del tipo a "semisecco" con cinque dischi conduttori e sei dischi condotti, il cambio di velocità in blocco a cinque rapporti.

II prototipo che apparve in gara al G.P. di Svizzera del 1952 e fu ripresentato un anno dopo costituiva un assieme abbastanza semplice e lineare. II telaio a struttura mista in tubi e lamiera stampata era del tipo a culla doppia, le sospensioni anteriore e posteriore erano teleidrauliche di schema convenzionale, i freni a tamburo centrale in lega leggera. Oltre all'unusuale apparato motore, faceva spicco un serbatoio per il carburante di ragguardevoli dimensioni, indice anche per questa macchina di un consumo piuttosto elevato.

La 3 cilindri versione 1956 munita di forcella anteriore e levette oscillanti e ruota spinta. II veicolo, molto leggero con i suoi 90 kg era dotato di fortissima accelerazione da fermo. Con rapporto di compressione di 12: 1 il motore forniva poco meno di 35 cv a 10.000 giri. La macchina era tuttavia priva di qualsiasi carenatura e, nonostante le ridotte dimensioni, piuttosto povera in fatto di aerodinamica. A quel tempo imperavano infatti le Moto Guzzi carenate a "becco d'uccello" il cui motore forniva una potenza pari a quella delle D.K.W., ma che erano chiaramente più veloci ; per cui la supremazia in gara di queste tricilindriche si limitava a qualche giro iniziale in testa per poi rientrare nei ranghi.

Ancora l'ultima versione della D.K.W. 350, questa volta rivestita della carenatura a campana. Nel corso della stagione 1954 si procedette pertanto a numerose migliorie di dettaglio. Particolari cure vennero dedicate al diagramma di distribuzione, al disegno degli stantuffi e delle camere di scoppio, ai cuscinetti di banco, all'albero a manovelle e sovrattutto all'accensione. Per quanto riguarda quest'ultima, il magnete venne accantonato ed il non facile problema risolto adottando una batteria a 6 volts che forniva l'energia elettrica a tre bobine ; la distribuzione alle candele avveniva per mezzo di tre ruttori disposti a 120° ed azionati da una camma unica centrale, mossa a sua volta da un'estremità dell'albero a manovelle. Lo incremento di potenza risultò sorprendente: nel 1955 il motore sviluppava 42 cv ed era certamente il più generoso della classe 350.

Anche il veicolo si era evoluto risultando peraltro di aspetto assai più macchinoso rispetto al prototipo di due anni prima. La forcella anteriore telescopica aveva lasciato il posto ad un nuovo tipo con lunghi bracci oscillanti, qualcosa di simile al sistema usato sulla Guzzi "Gambalunga" ; il freno posteriore aveva comando idraulico, indipendente da quello meccanico che era rimasto con funzioni supplementari. L'impiego di ruote da 18", la più accentuata inclinazione degli ammortizzatori posteriori, ora a molle scoperte, l'abbassamento del telaio e quindi della sella e del serbatoio, miglioravano la penetrazione ; a questi effetti contribuì anche l'adozione di una carenatura a campana dalle dimensioni piuttosto vistose.

Ewald Kluge. II divario nei confronti delle più moderne "quattro tempi" dell'epoca non potè mai essere colmato del tutto, ma fu comunque ridotto sensibilmente. Nel 1956 la D.K.W. 350 a tre cilindri ebbe la sua migliore annata ; oltre ai numerosi piazzamenti onorevoli nelle gare di campionato mondiale, si prese per una volta la rivincita sulle Moto Guzzi vincendo il Gran Premio di Hockenheim a medie elevatissime: 182,100 sulla distanza totale e 185,400 sul giro più veloce. A Monza la meglio piazzata delle D.K.W. giunse quarta dietro una Gilera 4 cilindri, una Guzzi monocilindrica ed una MV 4 cilindri ; nel giro più veloce il suo pilota Hoffman aveva toccato i 176,923 orari. La velocità massima era stimata intorno ai 215 km/h e la potenza oltre 45 cv: non poco per una "due tempi" originale fin che si vuole, ma pur sempre con distribuzione convenzionale a luci, secondo lo stesso schema cioè che caratterizza allora come adesso gran parte della produzione di serie. II Gran Premio delle Nazioni 1956 fu l'ultima competizione alla quale la D.K.W. prese parte. Quello che ai bei tempi era stato il più favoloso reparto-corse del mondo venne smobilitato e le macchine relegate nel museo di casa dove alcune di esse subirono l'affronto di un furto da parte di ladri evidentemente collezionisti di pezzi rari. Ma ne restò il ricordo e soprattutto l'insegnamento per altre scuole, quelle della Germania Orientale e poi del Giappone, che dovevano in seguito riprendere il discorso rivalutando il motore a due tempi nell'impervio terreno della tecnica sportiva.
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Brizio Pignacca
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